Cadi pel sonno sulle stoviglie asciutte,
negli occhi semichiusi ti danza la cucina
di rami ordinata e di posate lustre.
Tra poco la notte declinerà nell’alba,
nell’orto luminoso sentirai gli uccelli
gémere a lungo e nella strada
il rombo secco del camion del lattaio.
Vai a dormire. Passi le mani sulla tavola pulita,
vaneggiando di nausea e di stanchezza,
mentre di là dalle tende gonfie
di vento mattutino l’aria s’accende
e il rosaio fruscia sottile e ti profuma.
All’improvviso la tromba dello spazzino
squilla chiamandoti: la gatta famelica ti segue
e latra il cane risvegliato:
resti impietrita dall’angoscia sulla soglia.
S’alzano le rose contro l’alba,
il gallo chiama frenetico,
stridono le vetrate della casa accanto:
il primo lenzuolo alle finestre;
il primo tappeto che sbatte al davanzale di fronte;
il primo canto rauco di donna riposata
ti risveglia come un urto.
È incominciato un’altra volta il giorno.
Da “Poesie d’amore” (1937-1941)