Nulla è precario come vivere
Nulla è effimero come esistere
È un po’ come lo squagliarsi della brina
Come per il vento essere leggero
Io arrivo dove sono straniero
Un giorno tu passi la frontiera
Ma da dove vieni, o dove vai dunque
Domani che importa e che importa ieri
Il cuore cambia con il cardo
Tutto è senza rima né perdono
Passa il dito sulla tua tempia
Tocca l’infanzia dei tuoi occhi
È meglio lasciare basse le lampade
La notte ci piace assai più
È il lungo giorno che diventa vecchio
Gli alberi sono belli in autunno
Ma il bambino che cosa è diventato
Io mi riguardo e mi stupisco
Di questo viaggiatore sconosciuto
Del suo viso e dei suoi piedi nudi
Poco a poco tu ti fai silenzio
Ma non così in fretta tuttavia
Per non sentire la tua dissonanza
E per non sentire cadere sul te stesso
di una volta il colpo del tempo
È duro invecchiare al termine del conto
La sabbia ci scappa tra le dita
È come un’acqua fredda che sale
È come una vergogna che cresce
Una pelle che grida? Mi sbatti?
È duro essere un uomo una cosa
È duro rinunciare a tutto
Le senti le metamorfosi
Che accadono dentro di noi
Come piegano lentamente le nostre ginocchia
O mare amaro o mare profondo
Qual è l’ora delle tue maree
Quanti anni occorrono all’uomo
quanti secondi per abiurare l’uomo
perché perché queste sgomitate
Nulla è precario come vivere
Niente è effimero come essere
È un po’ come lo squagliarsi della brina
E per il vento esser leggero
Giungo dove sono straniero.
QUI la poesia originale in francese
Interpretata da Jean Ferrat