DUE BRANI DI ODE
(FINI DI DUE ODI, NATURALMENTE)
Ah, il crepuscolo, il cader della notte, raccendersi delle luci nelle metropoli
e la mano del mistero che soffoca il movimento,
e in noi la stanchezza del tutto che ci corrompe
per una sensazione esatta e attiva della Vita!
Ogni strada è un canale di una Venezia di tedio
e quanto mistero nel fondo unanime delle strade,
delle strade all’imbrunire, o Cesário Verde, mio Maestro,
Cesário del Sentimento dum Ocidental!
Che fonda inquietudine, che desiderio di altre cose,
cose che non sono paesi, momenti, vite,
che desiderio forse di altri stati d’animo
inumidisce l’interno di un istante tardo e remoto!
un orrore sonnambulo fra le luci che si accendono,
un terrore tenero e liquido, appoggiato agli angoli
come un mendicante di sensazioni impossibili
che nessuno, lo sa, potrà dargli…
Quando io morirò,
quando me ne andrò, rigido e differente, come tutti,
ignobile al di fuori, e dentro chissà quale altro-essere,
per quella strada la cui idea non si può affrontare,
per quella porta che potendo non varcheremmo mai,
per quel porto che il Capitano della Nave non conosce –
che sia in quest’ora degna del tedio che sempre provai,
in quest’ora mistica e spirituale e antichissima,
in quest’ora in cui forse, molto prima di quanto si creda,
Platone vide in sogno l’idea di Dio
che scolpiva corpo ed esistenza nitidamente plausibili
nel suo pensiero esteriorizzato come un campo.
Sia in quest’ora il mio funerale,
in quest’ora in cui io non so come vivere,
in cui non so quali sensazioni avere o fingere di avere,
in quest’ora la cui misericordia è torturata ed eccessiva,
la cui ombra giunge da qualcosa che non è le cose,
il cui passaggio non strascica vesti sul terreno della Vita Sensibile
e non lascia profumi nelle strade dello Sguardo.
Intreccia le mani sulle ginocchia, compagna che non ho né voglio avere,
intreccia le mani sulle ginocchia e guardami in silenzio,
in quest’ora in cui io non posso scorgere il tuo sguardo,
guardami in silenzio e in segreto e chiedi a te stessa
tu che mi conosci – chi sono io…
30 giugno 1914
Da “Poesia di Alvaro de Campos”
Letta da Diego De Nadai