Forse un giorno, sorella, noi potremo
ritirarci sui monti, in una casa
dove passare il resto della vita.
Sarà il padre con noi se anche morto.
Noi lo vedremo muoversi per casa.
E allora capirà tutto il dolore
che traversammo uniti per la mano,
tu, la vita, sorella, senza amore,
io la vita, sorella, senza inganni.
Ed io lavorerò allora all’altro
scopo pel quale vivo, di lasciare
un segno al mondo che son stato anch’io.
E quando l’illusione non mi basti
di vivere nell’arte molte vite,
il tuo dolore farà muto il mio.
Per sentirci ogni giorno più vicini
ricorderemo a volte ciò che fu;
e andremo a ripassar pei luoghi dove
passammo a man di nostro padre piccoli,
perché il nostro alimento è l’amarezza.
E se vuota ci paia l’esistenza
e se il rimpianto di tutt’altra vita
alla gola ci afferri qualche volta,
alla consolatrice unica andremo.
Delle giornate intere noi staremo
con le due mani aperte sopra l’erba,
quasi lieti d’esistere per quello.
E vivremo così in compagnia
dei maggiori fratelli, i fiumi e i boschi,
pacificati con la nostra sorte.
Perché ciò sia, sorella, io faccio patto
che il mio dolore duri quanto me,
anzi di giorno in giorno mi s’accresca.
Questo il sogno che faccio ad occhi aperti.
Letta da Domenico Pelini