Una bella cosa, o almeno così sembra
alla radio, d’estate
con i finestrini abbassati.
Eppure trafigge con le frecce
non solo il cuore, ma il bulbo dell’occhio
e lo scroto e il piccolo bersaglio del capezzolo.
Trasforma tutto in un simbolo
come una tempesta che si scatena
nel capitolo finale di un lungo romanzo.
E può aggiungere una scintilla a un mattino,
o incupire una notte
quando il letto è circondato dal fuoco.
Ti insegna nuove gioie
e nuove mosse:
la sottomissione, il rovesciamento, la fuga.
Ma soprattutto va e viene,
un’ape che fa visita al centro
di un fiore, poi di un altro.
Quando ancora l’inchiostro si sta asciugando
sul nome di lei, l’amore è uscito
a far visita ad altri in un’altra città.
Una città con due guglie,
file di comignoli di mattoni,
e una scuola con un filare di alberi all’entrata.
Viaggerà tutta la notte per arrivarci
e giungerà come un arcangelo
da un cancello di ferro che nessuno prima sembrava aver notato.
Da “Balistica”