Avevo intuito la possibilità di usare la mente per controllare il corpo e questa m’era parsa un’arte da mettere da parte.
Concentrarsi sul respiro, portare la mente al dolore, immaginare il male come un nodo da sciogliere, cercare di vederne il colore, la forma (è tondo o quadro?), la grandezza, contare i colpi che da.
Il tutto per distrarre l’io-corpo dal suo soffrire, e per ricordarsi continuamente che tutto, tutto, è impermanente, che tutto viene e va.
Anche quel dolore.
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