Hurbinek, che aveva tre anni e forse era nato in Auschwitz e non aveva mai visto un albero;
Hurbinek, che aveva combattuto come un uomo, fino all’ultimo respiro, per conquistarsi l’entrata nel mondo degli uomini, da cui una potenza bestiale lo aveva bandito;
Hurbinek, il senzanome, il cui minuscolo avambraccio era pure stato segnato col tatuaggio di Auschwitz;
Hurbinek mori’ ai primi giorni del marzo 1945, libero ma non redento.
Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie parole.