Solo oggi, a distanza di anni, capisco perché un giorno la mia analista mi ha detto che il mio «mito fondatore» era quello di Sisifo.
Spingere un macigno su per una montagna per poi vederlo precipitare in basso appena raggiunta la cima e dover ricominciare tutto da capo.
Aveva ragione lei.
Non bastava mai.
Tutto era nello sforzo.
Scalare la montagna.
Andare sempre più in alto.
Mettercela tutta.
Prima di vedere il masso precipitare a valle e ricominciare di nuovo.
Ognuno di noi riproduce qualcosa.
È incastrato nella ripetizione ossessiva di quello che conosce a memoria e che lo fa soffrire ma a cui, nonostante tutto, non riesce a rinunciare.
Magari nella speranza che un giorno la storia finirà in modo diverso.
E che arrivati in cima alla montagna, questa volta, il macigno non precipiterà più.
Ma nella vita le cose sono sempre più complicate.
Il macigno continua a precipitare.
E la soluzione è altrove.
Perché si tratta sempre e solo di rompere il cerchio e di guardare da un’altra parte.
Stare di fronte alla montagna e decidere di lasciar perdere e di non scalarla…