Decidere di abortire non è facile per nessuna donna.
Sinceramente non so che avrei fatto se mi fossi trovata di fronte a un’alternativa secca: accettare «l’intruso» che si installa nel mio corpo senza che io lo abbia voluto; accettarlo anche se diverso, malato, difforme; accettarlo perché è dentro di me; oppure liberarmene perché mi opprime, perché non l’ho voluto, perché non corrisponde a quello che avrei desiderato.
Non essendomi trovata di fronte a una alternativa di questo genere, le certezze che ho sono poche.
Ma a queste poche certezze tengo in modo particolare.
La legalizzazione dell’aborto non obbliga nessuna donna ad abortire se non lo vuole.
Non obbliga nessuno a considerare l’aborto moralmente legittimo.
Permette solo a tutte coloro che non possono, o non vogliono, portare avanti una gravidanza di farlo nelle migliori condizioni, senza «pagare» un prezzo eccessivo per una scelta che, lo ripeto, non è mai banale.
Al contrario, coloro che vogliono criminalizzare l’aborto non solo cercano di imporre agli altri la loro concezione del mondo e della morale, ma sono anche «indifferenti» di fronte alle tragiche conseguenze che potrebbe avere, per molte donne, il fatto di tornare a praticare l’aborto clandestino.