Negare la successione temporale, negare l’io, negare l’universo astronomico, sono disperazioni apparenti e consolazioni segrete.
Il nostro destino (a differenza dell’inferno di Swedenborg e dell’inferno della mitologia tibetana) non è spaventoso perché irreale; è spaventoso perché è irreversibile e di ferro.
Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
Il tempo è un fiume che mi trascina, e io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco.
Il mondo, disgraziatamente, è reale; io, disgraziatamente, sono Borges.