Mi avvicino alla mia scrivania come a un baluardo che mi difende dalla vita.
Sento tenerezza, tenerezza fino alle lacrime, per i miei libri di altri nei quali faccio i conti, per il calamaio vecchio, per le spalle curve di Sergio che poco più in là prepara bollette di accompagnamento.
Sento affetto per tutto questo, forse perché non ho più nulla da amare: o forse anche perché niente merita l’amore di un’anima; e se dobbiamo dare amore per sentimentalismo, è indifferente se lo riserviamo alle piccole sembianze di un calamaio o alla grande indifferenza delle stelle.