Siamo gli innumerevoli – raddoppia ogni casella di scacchiera – lastrichiamo di corpi il vostro mare per camminarci sopra; non potete contarci: se contati aumentiamo, figli dell’orizzonte che ci rovescia a sacco.
Nessuna polizia può farci prepotenza più di quanto già siamo stati offesi.
Faremo i servi, i figli che non fate, le nostre vite saranno i vostri libri di avventura.
Portiamo Omero e Dante, il cieco e il pellegrino, l’odore che perdeste, l’uguaglianza che avete sottomesso.
Da qualunque distanza arriveremo a milioni di passi, noi siamo i piedi e vi reggiamo il peso.
Spaliamo neve, pettiniamo prati, battiamo tappeti, raccogliamo il pomodoro e l’insulto.
Noi siamo i piedi e conosciamo il suolo passo a passo, noi siamo il rosso e il nero della terra, un oltremare di sandali sfondati, il polline e la polvere nel vento di stasera.
Uno di noi, a nome di tutti, ha detto:
“Non vi sbarazzerete di me. Va bene, muoio, ma in tre giorni resuscito e ritorno.”