Io, nella mia felicità naturale, scansavo tutti i miei pensieri dalla morte, come da una impossibile figura di vizi orrendi: ibrida, astrusa, piena di male e di vergogna.
Ma nello stesso tempo, quanto più odiavo la morte, tanto più mi divertivo e mi esaltavo a far prove di audacia: anzi, nessun gioco mi piaceva abbastanza, se non c’era il fascino del rischio.
E così, ero cresciuto in questa contraddizione: di amare la prodezza, odiando la morte. Può darsi, tuttavia, che non fosse una contraddizione.