Non riesco a usarle dolcezza.
Non la tocco mai.
Immagino, solo, di poterla accarezzare, sulle braccia, le mani deformate dall’artrosi, le guance, la testa.
Anche i capelli cominciano a diradarsi, come se l’atrofia che lavora dentro la scatola d’osso li attaccasse alle radici.
È una specie di cancro al contrario, secca invece di proliferare.
Lei sembra troppo giovane per questo, non è pronta.
Non siamo pronte.
Non mi avvicino, se ci provo sento la forza che si oppone quando accosti i poli dello stesso segno di due calamite.
Non l’ho superata.
Non le ho perdonato niente.
Aspettavo ancora di regolare i conti con lei quando mi è sfuggita nella malattia.
Fremevo di rabbia, quasi fosse un dispetto.
Oppure dubitavo di averla decisa io.