Si parla spesso di solitudine, fuori, perché si conosce solo un nostro tipo di solitudine.
Ma nulla è così feroce come la solitudine del manicomio.
In quella spietata repulsione da parte di tutto si introducono i serpenti della tua fantasia, i morsi del dolore fisico, l’acquiescenza di un pagliericcio su cui sbava l’altra malata vicina, che sta più su.
Una solitudine da malati, da colpevoli.
E la tua vestaglia ti diventa insostituibile, e così gli stracci che hai addosso perché loro solo conoscono la tua vera esistenza, il tuo vero modo di vivere.